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Ritrovare la lentezza in cinque semplici mosse

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Aprile è arrivato e ci parla di lentezza.

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Da sempre sono un’ambasciatrice della lentezza anche se ciò non significa che io riesca sempre a rallentare i miei ritmi. Anzi.

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Spesso e volentieri riempio le mie giornate all’inverosimile e mi ritrovo a forzare i ritmi lavorando anche dieci ore di seguito per poi mangiare al volo schifezze precotte e infilare nei buchi tutto ciò che resta, dalla cura della casa al tempo dedicato a mia figlia, fino a stramazzare nel letto distrutta e con un gran mal di testa.

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Avete anche voi l’impressione di correre continuamente per cercare di far stare tutto quello che avete in programma in una giornata sola? Ecco. Siamo degli equilibristi alla ricerca dell’incastro perfetto e questo ci fa scordare che ogni cosa ha bisogno del suo tempo.

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Io, nel mio piccolo, credo che la lentezza non sia un disvalore e che vada preservata. Mi sono imposta di riservarle degli spazi all’interno della mia giornata in modo tale da fermarmi e prendere fiato, riconnettermi con me stessa, non perdere di vista la reale qualità del tempo e allontanare il senso di disagio che la fretta mi provoca inevitabilmente.

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Ma come fare? Ecco le cinque mosse che solitamente metto in atto durante la settimana per tirare il freno a mano e accogliere la lentezza.

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1. Se puoi andarci a piedi, vacci a piedi.

Non so voi, ma nella città in cui vivo io a piedi non puoi fare praticamente niente. Questo ti porta inevitabilmente ad abituarti alla condizione di prendere la macchina anche per comprare un cartone di latte. La mia strategia di lentezza numero 1 quindi consiste nell’abbandonare la categoria mentale della “donna automobile” per riprendermi l’uso delle mie gambe. Se devo fare una qualunque commissione che è a portata di piedi, allora ci vado, a piedi. E quel tempo recuperato al mio corpo mi ritempra anche lo spirito perché significa accogliere gli stimoli che vengono dall’esterno, osservare il passare delle stagioni, percepire la presenza degli altri esseri umani, accorgersi di particolari che nemmeno vedresti altrimenti.

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2. Cucina qualcosa che ha bisogno di lievitare.

La tentazione di mangiare noodles precotti, panini che si scaldano al microonde et similia è davvero forte e io ci casco spessissimo. Per mia figlia cucino con grande attenzione, con prodotti a km zero di cui conosco la provenienza, dieta mediterranea variata, incastri con i menu scolastici che manco Jamie Oliver. Ma se devo preparare per me non ci metto più di due minuti due. Quindi mi sono presa l’impegno di preparare qualcosa che lievita. Qualcosa che ha bisogno di tempo per crescere almeno una volta a settimana. Questo mi aiuta a recuperare l’idea che la lentezza è necessaria ed è il valore aggiunto che rende gustose le cose della vita.

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3. Prenditi del tempo per fare qualcosa di manuale.

Ecco, su questo punto non posso proprio eccepire. Il mio lavoro è un lavoro manuale. Per produrre artigianato handmade devi fare le cose con le mani e ci vuole il tempo che ci vuole. Quello che vorrei aggiungere però, e che credo possa essere utile a tutti, indipendentemente dal lavoro che si svolge, è che le ore passate a fare qualcosa di manuale, che sia riempire un colouring book, o cucire un vestitino per le bambole, che sia scolpire il legno o dedicarsi alla pittura, ci ridanno respiro. La lentezza dei gesti ma soprattutto il focusing, l’atto di restare concentrati su qualcosa che si fa con le mani, ci svuota di tutte le tensioni accumulate e ci rimette in contatto con noi stessi.

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4. Semina e prenditi cura di una pianta.

Trucco numero 4. Fare giardinaggio. Anche se siete dei pollici neri. Maneggiare la terra, i vasi. Seminare. Aspettare che le piante crescano e poi prendersene cura. Questo sì che è un esercizio di lentezza. Inoltre la natura ha i suoi tempi e c’è poco da fare. Non avrete mai sul vostro balcone delle buganvillee d’inverno o dei ciclamini d’estate. Il tempo delle stagioni vi obbliga ad essere lenti e pazienti e vi riconnette con voi stessi.

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5. Scrivi 10 minuti al giorno e fallo con la penna.

Questo consiglio non è che l’abbia inventato io eh. Però trovo che sia vero come poche cose al mondo. Pensateci. Quanto incidono dieci minuti nell’economia della vostra giornata? Sono dieci minuti, suvvia. Basterà puntare la sveglia 10 minuti prima ed ecco che avrete ricavato un tempo fondamentale per recuperare il vostro contatto con la lentezza. Vi ricordate quand’è stata l’ultima volta che avete usato la penna? Vi ricordate la forma della vostra grafia?  Io certe volte la perdo completamente di vista. Ma questa pratica, quella di scrivere a ruota libera con la penna la qualunque vi passi nella testa per 10 minuti al giorno, è oltremodo salutare e vi preserva dal perdere il contatto con voi stessi.

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Spero che il mio post vi sia stato utile e se avete commenti o suggerimenti su come recuperare la lentezza nella vita di tutti i giorni, scrivetemi. Alla prossima!

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“Le signore della linoleografia”: intervista a Marisa Liuzzi

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Ciao crafters!

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Per la quinta puntata della rubrica “Le signore della Linoleografia”, oggi, in bottega, ospitiamo una delle mie creative italiane preferite: Marisa Liuzzi. Molti di voi la conosceranno già perché Marisa, pugliese doc di Putignano, è la fondatrice di “Bussola Creazioni”, un seguitissimo brand dall’identità forte e vulcanica che nasce nel 2008 e che da poco ha affrontato una metamorfosi trasformandosi in “Liuma, esercizi di leggerezza”. Marisa è una creativa dall’immaginario davvero originale. È una printmaker che padroneggia ormai da anni la tecnica linoleografica e le sue stampe hanno un impatto visivo immediato perché il suo stile è netto e definito. Ma lasciamo la parola a Marisa e cerchiamo di entrare meglio nel suo universo artistico.

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1. Ciao Marisa, sono contentissima che tu abbia accettato di essere intervistata! Puoi raccontarci com’è nata la tua avventura artistica? 

Dopo gli studi in storia dell’arte mi sono avvicinata al mondo dell’artigianato soffermandomi soprattutto sulla creazione di gioielli con tessuti (in particolare le sete giapponesi) e di accessori tessili. Da un paio di anni ho sentito però questo settore andarmi un po’ stretto e ho cominciato a incidere senza alcun metodo, in maniera totalmente empirica ed autodidatta recuperando anche una mia antica passione, quella del disegno. Al momento è ciò a cui mi dedico completamente, creo timbri personalizzati,  exlibris e stampe linoleografiche in tiratura limitata.

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2. Da poco il tuo brand “Bussola Creazioni” si è trasformato in “Liuma, esercizi di leggerezza”. Ti va di parlarci di questa metamorfosi?

C’era stato un cambiamento forte in me e nella mia produzione, sentivo la necessità che questo passaggio fosse palese ed evidente. “Bussola creazioni” è un nome che mi ha accompagnato per molti anni e ora non mi rappresenta più. Il passaggio è stato tormentato e difficile, dalla creazione del logo alla scelta del nuovo nome. Volevo un qualcosa che non fosse descrittivo evocativo, che rappresentasse più che quel che faccio (anche se in realtà non c’è alcuna differenza). Di qui il nome “Liuma”, leggero, minimale e come logo il rinoceronte alato ripreso dal disegno per una linoleografia che ho fatto l’anno scorso e che per vari motivi ho sempre chiamato autoritratto. Il payoff “esercizi di leggerezza” viene invece da un hashtag che ho sempre usato per i disegni e i work in progress delle incisioni perché sono entrambi modi per alleggerire la testa, svuotarla dai problemi e togliere pesantezza alle cose. 

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3. So che hai studiato Storia dell’Arte ma com’è nata la tua passione per la tecnica della linoleografia?

Davvero per caso. Mi piace sperimentare tecniche sempre nuove, a volte le abbandono quasi subito, è un modo per giocare e mettermi alla prova. In questo caso invece è stato amore a prima vista, anzi a primo intaglio!

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4. Quali sono i materiali che usi per le tue creazioni? Intendo dire: incidi il linoleum o usi la gomma da intaglio? E quali sono i tuoi inchiostri preferiti?

Uso sia gomma (per i timbri) che linoleum, soprattutto il Battleship. Per quel che riguarda gli inchiostri invece utilizzo i colori per linoleografia a base d’acqua.

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5. Quali sono le cose che ti ispirano di più e che ti fanno dire “sono pronta per creare qualcosa di nuovo”? 

Non ci sono in realtà cose che mi ispirano, ci sono più che altro momenti in cui diventa necessario fare qualcosa di mio. Mi spiego, i timbri nascono generalmente su commissione e sono quindi frutto delle necessità del cliente filtrate chiaramente dal mio modo di rappresentarle. Nelle linoleografie invece vado completamente a ruota libera, lavorando su disegni e schizzi, ricomponendoli o modificandoli.

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6. E riguardo alla tecnica della linoleografia, chi sono i tuoi artisti di riferimento?

Non saprei farti dei nomi al momento… sicuramente ne seguo moltissimi. Sono soprattutto affascinata dalla scena latino americana, accumunata da uno stile fortemente grafico, tradizionale e folcloristico ma estremamente moderno e pop allo stesso tempo.

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7. Gestire un brand però non è solo creatività. Anzi. Ci sono una serie di aspetti prettamente commerciali ed economici che a volte possono essere scoraggianti. Tu come fai per affrontare questa componente del lavoro?

Un passo alla volta, alternando nella giornata i tempi dedicati a incisione e stampa a quelli riservati all’aspetto più commerciale quindi foto, social marketing, gestione ordini, mail etc. È come fare 5 lavori (o più) allo stesso tempo. È complicato ma non impossibile.

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8. Qual è il rapporto con la tua terra? La tua creatività è in qualche modo connessa con il territorio in cui vivi?

La mia terra ha un ruolo importante perché mi rende in parte ciò che sono e mi dà continuamente occasione di confronto ma penso che la mia creatività sia solo in parte legata essa nel senso che gli stimoli sono davvero ovunque e raggiungibili in tanti modi diversi, leggendo, cercando e viaggiando.

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9. Ho letto che il tuo laboratorio è nella casa che è stata di tuo nonno. Ti va di parlarci di che cosa rappresenta per te?

Il mio primo laboratorio era ricavato in una stanza in casa di mio nonno, era un appoggio importante dal punto di vista affettivo e nel legame col passato. Poi ho cambiato ben due laboratori adibendo una stanza nelle due case che ho abitato successivamente. È sicuramente un’occasione per gestire i miei tempi di lavoro al meglio, lavorando tutta la notte se mi va. Sono stata sempre insofferente ad avere degli orari prestabiliti.

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10. Che consiglio daresti a chi si è appassionato alla tecnica della linoleografia e che vuole iniziare a cimentarsi con questa forma d’arte?

Può sembrare ovvio ma esercitarsi di continuo senza scoraggiarsi. Guardare cosa fanno gli altri, immagini, video, libri specifici e sperimentare, trovare il metodo e i materiali più adatti alla propria persona.

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Grazie mille a Marisa Liuzzi per averci fatto entrare nel suo mondo creativo!

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Se ancora non lo fate seguitela sul suo sito internet o sul suo profilo Facebook e Instagram e visitate i suoi negozi (Etsy, Tictail, Artfinder) per lasciarvi conquistare dal suo potente immaginario!

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Noi invece ci ritroviamo qui per il prossimo appuntamento della rubrica “Le signore della Linoleografia”!

 

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“Le signore della linoleografia”: intervista a Lucia Locatelli

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Ciao crafters!

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Oggi, per la quarta puntata della consueta rubrica “Le signore della linoleografia”, sono davvero emozionata di poter ospitare Lucia Locatelli, che tutte conoscerete come fondatrice del consolidatissimo brand Impressioni. Lucia, milanese trapiantata nelle Marche, è una crafter e printmaker che intaglia stupendi timbri in gomma “nature inspired”. Il suo imprinting creativo è molto poetico e immediatamente riconoscibile. Il suo mondo è fatto di elementi naturali che seguono le stagioni e ci riportano alla bellezza delle piccole cose regalandoci atmosfere delicate e vintage. Ma lasciamo la parola a Lucia ed entriamo meglio nel suo universo artistico.

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Lucia Locatelli

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1. Ciao Lucia, sono onorata di averti qui. Puoi raccontarci com’è nato il tuo brand Impressioni?

Impressioni è il nome del mio secondo brand. Prima avevo un blog (ancora esistente ma inattivo) “La Gallina Rosita”, e mi occupavo di cucina, di ricette, di decorazione della tavola, cose molto distanti da quelle a cui mi dedico ora. Poi 3 anni fa ho scoperto la tecnica di incisione su gomma e me ne sono innamorata e nel momento in cui il mio vecchio nome non mi rappresentava più, complice la parola dell’anno che avevo scelto, “impressione”, è nato il mio re-branding.

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2. Nella tua biografia leggiamo che sei un’autodidatta ma da dove nasce la tua passione per l’incisione?

È successo per caso. Lo racconto sempre nei miei workshop, ho visto un video su YouTube in cui un’artista giapponese intagliava e sono rimasta talmente colpita che ho voluto provare. Ho intagliato una foglia che ancora conservo e da quel momento non ho più smesso.

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3. Quali sono i materiali che usi per le tue creazioni? Quale gomma da intaglio scegli? E quali sono i tuoi inchiostri preferiti?

In questi anni ho provato diversi tipi di gomma, partendo dalle Speedball rosa, alle giapponesi, per poi approdare alle due che prediligo. Non hanno marca. La prima è bianca, l’adoro e la uso per i corsi e per i miei prototipi. La seconda è bicolore (più facilmente lavabile) e la uso per intagliare i timbri che realizzo per gli altri. Gli inchiostri che prediligo sono i tamponi della Tsukineko: Versafine, Versacraft, Versacolor o Stazon a seconda dell’uso che devo farne.

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4. E riguardo alla tecnica dell’intaglio, chi sono i tuoi artisti di riferimento?

Ho adorato da subito Geninne Zlatkis, il suo libro Making an Impression è stato il primo che ho acquistato. Mi piace molto Viktoria Astrom e il mondo naturale di Angie Lewin.

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5. Tu vivi nelle splendide Marche. La tua creatività è in qualche modo connessa con il tuo territorio?

Diciamo che ho la fortuna di vivere immersa nella natura, vicino al mare e vicino alle montagne. Ho un laboratorio e una casa con un panorama mozzafiato… quindi certo, la mia ispirazione arriva anche da questo.

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6. Natura a parte, quali sono le cose che ti ispirano di più e che ti fanno dire “sono pronta per creare qualcosa di nuovo”?

Gli stimoli arrivano da tanti fattori, sicuramente il web, le mie riviste preferite e tutto quello che mi circonda.

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Locatelli

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7. Gestire un brand, soprattutto quando è così ben riconoscibile come il tuo, non è solo creatività. Anzi. Ci sono una serie di aspetti prettamente commerciali ed economici che a volte possono essere scoraggianti. Tu come affronti questa componente del tuo lavoro?

Sono una pessima programmatrice e organizzatrice, sono troppo fatalista e vivo alla giornata, ma fortunatamente non ho un carattere ansioso (a parte quando nevica ;-), cerco di fare una cosa alla volta e quando non ci arrivo, cerco aiuto.

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8. Tu insegni alle persone la tecnica dell’incisione facendo workshop in tutta Italia. Che ne pensi di questa esperienza? L’insegnamento e il contatto con le persone che ti seguono ti soddisfa?

Credo sia tra le esperienze più belle, condividere e conoscere nuova gente mi arricchisce ogni volta.

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9. Sul tuo profilo Instagram vediamo spesso le immagini del tuo stupendo laboratorio. Puoi dirci che cosa rappresenta per te questo luogo speciale?

È il mio luogo di lavoro, è luminoso e realizzato con l’aiuto di Enrica di Paz Garden, è il posto dove passo la maggior parte delle ore della mia giornata e mi fa stare bene. 

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10. Che consiglio daresti a chi si è appassionato alla tecnica dell’incisione e che vuole iniziare a cimentarsi con questa forma d’arte?

Dico sempre che ci vogliono pazienza, precisione e passione, un po’ come per tutte le tecniche artistiche. Frequentare un corso può aiutare così come leggere un libro sull’argomento ma poi sta alla persona applicarsi e non demordere… cominciare dalle cose semplici è sempre utile perché ci fa dire: WOW ci sono riuscita anche io.

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Grazie mille a Lucia Locatelli per averci fatto entrare nel suo mondo artistico! Se ancora non lo fate, seguitela sul suo profilo Instagram e su Facebook ed entrate nel suo poetico negozio Etsy. E se avete voglia di iniziare a intagliare, seguite uno dei suoi workshop!

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Noi ci diamo appuntamento qui per la prossima intervista della rubrica “Le signore della linoleografia”!

 

 

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Stimolare la creatività dei bambini in 5 facili mosse

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Ciao crafters!

Oggi vorrei parlarvi di un argomento che mi sta molto a cuore e cioè come fare a trasmettere il proprio amore per la creatività ai figli o i generale ai bambini.

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È molto difficile quando il tuo mestiere non è in qualche modo “codificato”, trasmetterlo a un figlio piccolo che ti chiede: “Tu che lavoro fai mamma?”. Io rispondo: “L’artigiana” ma il più delle volte la mia bambina di quasi cinque anni mi guarda con un punto interrogativo e non so come andare avanti.

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Ho stabilito quindi con me stessa che una delle cose a cui tengo di più è condividere con la mia bambina la creatività come valore e trascorrere dei tempo in modo giusto con lei per potergliela trasmettere. Ma come fare? Se sei una mamma crafter o artigiana anche tu, o se sei una zia crafter o artigiana o se semplicemente hai voglia di trasmettere il tuo amore per la creatività ai figli dei vicini di casa, ecco 5 consigli facili e veloci per poterlo fare in armonia.

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1. Fai entrare i bambini nel tuo spazio di lavoro ma con rispetto.

È vero che i bambini sanno essere dei tremendi distruttori ma se gli nascondi il tuo spazio di lavoro non avranno mai la precisa idea di ciò che fai. Spiega loro tutto ciò che ami del tuo lavoro con semplicità, mostragli strumenti e fasi di lavorazione e alla fine trasmettigli il concetto che tutto ciò che si trova dentro il tuo spazio di lavoro è sacro, non è un gioco ma va condiviso con rispetto. Non dico che sia immediato e che non richieda fatica, ma alla fine capiranno.

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2. Lascia che i bambini accedano a quanti più strumenti d’arte possibile.

È vero, in fondo un pastello è solo un pastello, ma se i bambini si abituano da subito ad avere intorno pastelli a cera, a olio, pennarelli, colla, forbici, acquarelli, carta colorata, stoffa, bottoni e tutto ciò che ti viene in mente, la loro curiosità per i materiali, le diverse consistenze e gli accostamenti di colori, troverà pane per i suoi denti e ne verrà stimolata.

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Pastelli

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3. Insegna ai bambini che sporcarsi mentre si crea è del tutto normale.

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Non so i vostri bambini, ma mia figlia odia sporcarsi le mani. In qualunque luogo, che sia il ristorante o il parco. Quello che sa però è che quando si crea, si disegna, si fanno collage, si dipinge, sporcarsi le mani è normale anzi fa parte del processo creativo!

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4. Non entrare mai in competizione con i bambini mentre stanno creando e ascoltali.

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Disegnare insieme o creare un collage o qualunque altra forma di creatività è meraviglioso ma si rischia di entrare in competizione. Il bambino potrebbe essere intimorito dalla bravura di una mamma che fa la pittrice o di una zia che intaglia il legno e non sentirsi adeguato. Non metterti mai in competizione con un bambino. Se disegnate insieme cerca di metterti nei suoi panni e soprattutto ascoltalo mentre crea, fatti raccontare le sue idee e i suoi progetti, anche se sulla carta ci sono solo quattro linee indistinte. Per lui quelle quattro linee rappresentano un mondo.

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5. Stimola l’universo visivo dei bambini mettendoli costantemente di fronte alle opere d’arte che più ti ispirano.

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Spesso si pensa che i bambini siano troppo piccoli per andare al museo o per guardare libri d’arte. È vero, viviamo in Italia e non a Londra, dove nella Tate Modern c’è un’intera area dedicata ai bambini. Questo da noi succede in poche strutture museali e si tratta prevalentemente di strutture a tema “scientifico” ( si pensi ad esempio al Muse a Trento o alla Città della scienza a Napoli) o e non c’è una vera e propria cultura della trasmissione dell’arte ai bambini. Ma se sei una creativa non precludere ai bambini l’esperienza di vedere opere d’arte. Che siano murales, mostre nei musei o semplicemente riviste o libri, è fondamentale che i bambini fin da piccoli possano esserne circondati. Più fertile è il terreno che gli sta intorno più la loro creatività ne verrà fecondata.

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Spero che i miei piccoli 5 consigli per stimolare la creatività dei bambini vi siano stati utili. Aspetto le vostre domande o commenti e nel frattempo noi ci ritroviamo qui in bottega, per il prossimo articolo del blog!

 

 

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“Le signore della linoleografia”: intervista a Rowan Sivyer (english below)

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Buongiorno crafters!

Oggi sono davvero emozionata perché, per la consueta rubrica “Le signore della linoleografia”, ho il piacere di ospitare qui in bottega per la prima volta un’artista straniera che amo e che mi ispira moltissimo con il suo lavoro.

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Si tratta di Rowan Sivyer, che molti di voi già conosceranno come Little Rowan Redhead, un’artista australiana multiforme e vulcanica che vive in Nuova Zelanda. Rowan non smette mai di provare nuove tecniche ma è fondamentalmente un’acquerellista e un’intagliatrice.

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Il suo mondo artistico è pieno di colori, sperimentazioni e idee sempre nuove. Ma lasciamo la parola a Rowan ed entriamo nel suo universo creativo.

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1. Benvenuta Rowan. Sono molto felice che tu abbia accettato di essere intervistata! Prima di tutto parlaci del tuo lavoro: come hai deciso di diventare un’artista a tempo pieno?

È stato come un viaggio per me. Sono sempre stata una creativa ma non ho frequentato una scuola d’Arte. Ho seguito un altro percorso – ho un Dottorato in Relazioni Internazionali! Comunque il vero punto di svolta è stato il momento in cui la mia figlia più piccola si è ammalata di un brutto male. Abbiamo trascorso molto tempo in ospedale e in quei giorni ho iniziato a tenere un diario artistico (per la maggior parte sul mio IPad) e ho scoperto molti artisti e nuove tecniche. Quando la salute di mia figlia è migliorata, ho iniziato a scoprire e sperimentare mostrando pian piano le mie opere. Ho scoperto che era così soddisfacente che ho deciso di provare e perseguire la mia vita da artista.

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2. Tu sei fondamentalmente una pittrice, come hai scoperto la tecnica della linoleografia?

Ho sempre amato la linoleografia da quando ero alle scuole superiori ed è una cosa sulla quale sono tornata e ritornata più volte negli anni. Sono stata anche fortunata ad avere un’amica di famiglia che era un’intagliatrice quando ero ragazza e per me visitare il suo studio è stato molto emozionante.

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 3. Quali sono i materiali che usi per intagliare? Voglio dire, usi il linoleum o la gomma? E quali sono i tuoi inchiostri preferiti?

Ho sperimentato molti materiali differenti ma solitamente uso la gomma. I puristi probabilmente scuoteranno la testa ma trovo che il linoleum sia un po’ frustrante e limitante. Con la gomma posso ottenere linee sottili e posso lavorarci per molto più tempo perché non mi fa male il polso. Quando stampo le mie piccole linoleografie e timbri, il mio inchiostro preferito è il Versafine Pigment Ink (ne possiedo praticamente tutte le varianti di colore!) ma per stampare lavori più grandi uso degli inchiostri a base oleosa che si chiamano Caligo Safewash. È un po’ più difficile lavarli via ma si ottengono colori favolosi.

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4. Che cos’è che ti ispira di più e ti fa sentire pronta per una nuova creazione?

Gli uccelli, gli animali e tutto ciò che è botanico sono presenti in molti dei miei lavori ma sono sempre ispirata da pattern interessanti e ingegnosi e dai mosaici particolarmente intricati.

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5. E per quanto riguarda la linoleografia, chi sono i tuoi artisti preferiti?

Le mie intagliatrici preferite sono Angie Lewin e Rachel Newling. Sono sbalordita dai dettagli delle loro stampe (hanno più esperienza di me!). Amo anche Julie Balzer per i colori che usa e per il modo in cui riesce a contaminare la tecnica linoleografica con altri media.

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6. Amministrare un brand non è solo un lavoro creativo. Come ti relazioni con il lato economico e commerciale della tua attività?

Non è facile. Talvolta hai la sensazione che il lato commerciale prenda il sopravvento! Mio marito dice che passo troppo tempo sui social ma è l’unico modo per far sì che il tuo brand possa emergere. La chiave è essere organizzati e pianificare la tua giornata in modo da non sacrificare troppo il tempo per fare arte.

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7. C’è una relazione tra i tuoi lavori e il luogo nel quale vivi? Il fatto di essere australiana influenza in qualche modo il tuo lavoro?

Be’ al momento vivo in Nuova Zelanda! Ho vissuto in Australia per più di 15 anni e la flora e la fauna di quel Paese sono presenti in molti dei miei lavori. Ad esempio al momento sto lavorando a una serie di stampe suoi fiori australiani. Credo che essere autentici sia importante. Ad esempio, anche se vendo i miei lavori in tutto il mondo, mi sembra assurdo progettare una cartolina di Natale innevata perché qui da noi a Natale è estate.

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8. Dici di avere un piccolo studio in una veranda di fronte alla tua casa. Secondo te quanto è importante per un’artista avere “un posto tutto per sé”?

Per me è cruciale il fatto di poter lavorare senza interferenze. Se mi trovo in uno spazio casalingo condiviso il mio flusso di lavoro viene spesso interrotto. Lo spazio del mio studio è il “mio spazio” e le mie figlie e mio marito lo sanno. Andare nel mio studio per me è come andare in ufficio e questo mi aiuta a lasciarmi i lavori di casa alle spalle e passare ad una modalità mentale “lavorativa”.

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9. Sei anche un’insegnante d’arte. Quanto è importante la relazione con i tuoi studenti?

Non insegno così tanto come vorrei ma fare arte per me è così bello che amo condividerlo con altre persone. Ciò che mi piace di più è la reazione degli studenti quando intagliano per la prima volta. L’atto stesso di rallentare e focalizzarsi sull’intagliare un’immagine è come una rivelazione per molte persone.

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Rowan_c10. Che suggerimenti daresti a chi è interessato alla tecnica della linoleografia e vuole iniziare a intagliare?

Usate la gomma, scegliete disegni facili (potrete affrontarne di più complicati con un po’ di pratica), cercate ispirazione dagli altri artisti (ad esempio date un’occhiata al #carvingdecember su Instagram) ed esercitatevi, esercitatevi, esercitatevi!

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Ringraziamo Rowan per la sua disponibilità e per averci lasciato entrare nel suo universo creativo.

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Se ancora non lo fate, seguitela sul suo sito Internet (www.littlerowanredhead.com) o sul suo interessantissimo profilo Instagram, visitate il suo meraviglioso Etsy shop e lasciatevi conquistare dalle sue opere!

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Noi ci ritroviamo come sempre qui per la prossima intervista della rubrica “Le signore della linoleografia” e se ne avete voglia, qui di seguito potete leggere l’intervista a Rowan Sivyer in inglese.

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“The Linocut Ladies”: Ten questions to Rowan Sivyer from Little Rowan Redhead

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Today, in my lab, I’m so excited because I’m going to interview an australian artist that I love and that really inspires me with her works. She is Rowan Sivyer, also known as Little Rowan Redhead, a many-sided and dynamic artist based in Sydney. Rowan experiments with many different techniques but she is basically a watercolourist and a printmaker. Her artistic mood is full of colours and tons of experimentations and creativity. But now let’s enter in her world and listen to her words!

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1. Hi Rowan, I’m so happy that you agreed to do this interview! First of all, let’s tell us about your work: how did you become a full time artist?

It’s been a bit of a journey. I have always been a maker but I didn’t go to art school. In fact, I went another route – I have a PhD in international relations! However, a real turning point occured when my youngest daughter got very sick. We had a lot of time in hospital and during that time I kept an art journal and (throught too much time on my iPad) also discovered lots of artists and new techniques. When my daughter got better, I carried on discovering and experimenting and slowly starting to share my works. I found it so fulfilling that I eventually decided to try and pursue a life as an artist.

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2. You are basically a painter but how did you get in touch with linocut technique?

Actually I have loved printmaking since I was at high school and it is something I have returned to from time to time over the years. I was lucky enough to have a family friend when I was growing up who was a printer and I also found it so exciting to visit her studio.

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3. What materials do you use for carving? I mean, do you use linoleum or rubber? And what are your favourite inks?

I have experimented with lots of different materials but I mainly use rubber. Purists will probably shake their heads but I find lino quite frustrating and limiting. I can get very fine lines with rubber and I can work for a much longer time because my wrists don’t get sore. When I am printing my small blocks and stamps, my go-to ink is Versafine Pigment Ink (I have it in almost every shade!) but for printing larger pieces I use Caligo Safewash oil-based inks. It is a bit of a pain to wash up but it delivers amazing colour and coverage.

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4.What kind of things ispires you most and makes you feel ready for a new creation?

Birds, animals and botanicals feature in a lot of my work, but I always get inspiration by interesting and clever patterns, particulary intricate tessellations.

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5. And about linocuts, who are your favourite artists?

My favourite print artists are Angie Lewin and Rachel Newling. I am in awe of the level of detail in their prints (they have more patience than me!) I also love Julie Balzer for her colour and the way she incorporates printing into other media.

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6. To manage a brand is not only a creative work. How do you relate with the economic and commercial side of your brand?

Its not easy. Sometimes it feels like the business side is taking over! My husband says I spend too much time on social media but its the reality of trying to get your brand out there. The key is to be organized and plan your day well and not sacrifice too much art-making time.

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7. Is there a relationship between your works and the place where you live? I mean, how being australian influeces your works?

Well actually I am a New Zealander! Of course, I have lived in Australia for over 15 years now and Australia’s flora and fauna makes its way into much of my work. For example, I am working on a series of Australian native flower prints at the moment. I think being authentic is important. For example, even though I market my work globally, it seems wrong to design a snowy Christmas card for example when we have a summer Christmas.

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8. You say that you have a little studio in a sunroom in front of your house. In your opinion, how much is important to have a “space of one’s own” for an artist?

For me, it is crucial to be able to work unimpeded. If I work in a joint family space, then my flow can be easily interupted. My studio space is my space and my daughters and my husband knows this. Going to my studio is like me going to my office so it helps me to try and leave the housework behind and switch into a working mindset.

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9. You are even an art teacher. How much is important for you the relationship with your students?

I don’t teach as much as I would like but I get so much pleasure from making art and I love to share that with other people. I especially love hearing students’ reactions when carving for the first time. The act of slowing down and focusing on carving an image is quite a revelation for many people.

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10. What suggestions would you give to anyone is interested in linocut technique and would start carving?

Use rubber, use a simple design (you can get more intricate after a bit of practice), look for inspiration from artists (investigate #carvedecember on Instagram for example) and practice, practice, practice!

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Glifo-beige

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Perché ho scelto di scrivere un libro sulla gravidanza

In-attesa copertina

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Buon lunedì dalla bottega! Il post di oggi sarà un po’ diverso rispetto al solito ma rientra perfettamente nell’ottica con la quale ho scelto di affrontare il mese di marzo.

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Chi si è iscritto alla newsletter lo sa già, per me marzo è il mese della consapevolezza femminile perché è legato alle celebrazioni della festa della donna.

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Quindi non vi parlerò di fai da te, o timbri in gomma, o inchiostri o carte, ma di gravidanza e del perché io abbia scelto di scriverci su un libro.

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Sono stata a lungo indecisa su se dire la mia su questa esperienza che mi ha cambiato la vita. Ogni riflessione, ogni parola mi sembrava potesse scadere immediatamente nel banale, nel già sentito o detto, nel luogo comune che in Occidente pesa come un macigno sulla maternità e suoi annessi.

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 Poi alla fine ho scelto di parlarne in un libro che si intitola In attesa e che uscirà a breve per la collana “Strongher” dell’editore romano Iacobelli, diretta dalla vulcanica Valeria Arnaldi.

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Ho scelto di scrivere della gravidanza per due motivi, il primo è personale, il secondo è pubblico.

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Ho una figlia. L’ho partorita a 36 anni. Se mai lei decidesse di avere un figlio (se non volesse averne sarò una madre fiera di lei allo stesso modo) alla mia stessa età, io avrò ben 72 anni. Spero di arrivare a quella fase della mia vita nel pieno possesso delle mie facoltà mentali ma, non me ne vorrete, probabilmente della mia gravidanza avrò un ricordo vago o piuttosto sbiadito. Questo libro allora l’ho scritto per lei, per mia figlia e per il suo corpo di donna che in una società patriarcale come la nostra non sarà mai un corpo connotato solo dalla neutralità del dato puramente biologico ma sarà caricato di tutte le sovrastrutture religiose, culturali, sociali, folcloristiche e di potere che appartengono a chi può dare o non dare la vita. Questo libro l’ho scritto perché lei potesse, un giorno, sapere esattamente quello che mi è accaduto quando sono rimasta incinta senza la mediazione e l’edulcorazione e l’istinto di protezione che magari mi porterebbero, a 72 anni, a raccontarle le cose diversamente da come sono andate. E questo è il primo motivo.

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Il secondo motivo per cui ho scelto di scrivere un libro sulla gravidanza è invece, per così dire, “pubblico” ed è legato al valore intrinseco che per me rappresenta l’essere scrittrice. Il potere della parola scritta è enorme. Ed è un potere di condivisione e di rafforzamento dei saperi e delle esperienze altrui.

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In quest’ottica ho pensato che la mia personalissima esperienza, il mio personalissimo punto di vista sulla questione, potesse essere d’aiuto a qualcun altro. Per questo mi sono decisa a uscire allo scoperto e affidare alla carta stampata le mie parole, le mie riflessioni e il mio vissuto. Un atto che per me non è stato facile e che spero possa esservi in qualche modo utile.

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La collana nella quale il mio libro è stato pubblicato si chiama “Strongher” e, per quel che mi riguarda, essere più “forti” vuol dire soprattutto essere più consapevoli. Siccome la maternità è un’esperienza che ti cambia completamente la vita (in tutti i sensi) e che, prima di viverla, non la puoi nemmeno lontanamente immaginare, se ci arrivi con una maggiore consapevolezza, forse, riesci ad affrontarla con più forza senza lasciartene soverchiare.

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Quindi la mia teoria è che il periodo della gravidanza dovrebbe essere usato per fare questo: rafforzare la propria consapevolezza andando oltre lo stereotipo culturale che le puerpere vanno in una qualche maniera “protette” omettendo una serie di problematiche che poi crolleranno loro addosso una volta diventate “mamme”. 

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Se vi interessa saperne di più leggete In attesa.

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Leggetelo se siete madri perché riflettere sulla maternità è una cosa che è utile fare e rifare in continuazione visto che la relazione madre-figlio è in continuo mutamento. Leggetelo se siete incinte perché magari ci troverete qualche spunto interessante. E infine leggetelo se siete donne che non hanno figli perché siete comunque figlie di una madre e magari vi aiuterà a capire meglio quello che lei ha vissuto sul suo corpo.

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Noi ci diamo appuntamento per il prossimo articolo di questo blog e se avete commenti o domande o riflessioni da condividere, vi aspetto!

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Timbri fai da te: stampare su due livelli in modo facile e divertente

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Ciao crafters!

Oggi torno a parlare di timbri fai da te e in particolar modo di una tecnica che mi sta molto a cuore perché mi piace tantissimo. Sto parlando dell’intaglio di timbri a più livelli.

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Chi viene dalla grafica sarà abituato a pensare alle immagini come un sovrapporsi di più livelli perché ormai l’uso quotidiano della suite Adobe ci ha insegnato a farlo. A chi invece ama intagliare timbri fai da te per uso privato o semplicemente per divertirsi, la progettazione di un timbro su più livelli potrebbe sembrare più complessa. Ma non vi scoraggiate! Non solo si può fare ma è anche divertente e i risultati sono decisamente sorprendenti.

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Possiamo arrivare a ottenere stampe con più livelli in due modi: per sottrazione o per addizione.

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Il primo metodo, decisamente il più nobile, lo usava addirittura Picasso nelle sue linoleografie e consiste nell’incavare a step uno stesso blocco (che sia di gomma o di linoleum) e poi stamparlo con diversi colori man mano che si vanno a sottrarre gli elementi che comporranno l’immagine finale. I tutorial della mia eroina Linda Cote sono davvero una miniera di informazioni per capire come funziona. L’unico inconveniente di questa tecnica è che il blocco che intaglieremo può essere usato per un numero limitato di stampe.

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Il secondo metodo è quello di cui vorrei parlarvi oggi e consiste nel fare esattamente l’opposto, cioè incavare lo stesso timbro più volte alternando i pieni e i vuoti per poi comporre una stampa a più colori. Un esempio chiaro di questa tecnica lo trovate nelle stampe di Andrea Lauren, che usa questa tecnica in modo superbo.

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Senza arrivare a un tale livello di complessità, possiamo dire che per usare questa tecnica ci vuole solo un piccolo sforzo mentale in più nella fase progettuale dei nostri timbri fai da te. Per farvi un’idea date un’occhiata qui.

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Facciamo un esempio pratico. Ecco gli step da seguire per ottenere una stampa su due livelli in modo facile e veloce.

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1. Disegnamo il timbro e ricalchiamo il disegno sulla carta velina.

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2. Giriamo la carta velina e ripassiamo il disegno con una pieghetta per la carta sulla gomma da intaglio non una ma due volte.

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3. Intagliamo il timbro due volte ma in maniera opposta. La prima volta la sgorbia passerà all’esterno del nostro disegno. La seconda volta andremo a incidere passando sopra al tratto del nostro disegno. Otterremo così la stessa figura in positivo e in negativo.

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4. Scegliamo due inchiostri per la stampa. Il primo sarà il colore di sfondo (possibilmente un dye ink chiaro) e il secondo quello del contorno (sarebbe meglio un pigment ink scuro).

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5. Stampiamo prima lo sfondo e lasciamolo asciugare. Poi stampiamo il contorno cercando di non generare un effetto “fuori registro” (che però in certi casi a me piace molto).

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Ecco fatto! I nostri timbri fai da te multilivello sono pronti!

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Lavando e facendo asciugare il timbro “pieno” possiamo stampare il nostro soggetto di tutti i colori che ci vengono in mente e, una volta che ci sentiremo sicuri di questa tecnica, la potremo applicare a praticamente qualsiasi idea ci venga in mente.

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Che ne dite? Vi è stato utile questo post? Volete visitare la mia pagina dei Timbri intagliati a mano? Se avete domande o dubbi non esitate a contattarmi! Noi ci ritroviamo qui per un altro appuntamento con la creatività.

 

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“Le signore della linoleografia”: intervista a Giusi Midiri

Ciao crafters! Eccoci alla seconda puntata della rubrica “Le signore della linoleografia”.

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Anche oggi sono entusiasta perché, in bottega, ospitiamo una creativa italiana di grande talento e che trovo molto ispirante: Giusi Midiri. Molte di voi la conosceranno già perché Giusi, siciliana trapiantata in Abruzzo, è la fondatrice di Zagara Illustration, già Pearls to Pigeons, un brand elegante e raffinato, ormai ben consolidato. Giusi è un’ex architetta che ha trovato il coraggio di dare spazio alle proprie passioni e trasformarle in un lavoro vero e proprio. L’intaglio di timbri con la tecnica della linoleografia  è una parte importante della sua cifra artistica, che però ha molte altre sfumature poiché Giusi è una bravissima illustratrice e le sue grafiche ci parlano anche di calligrafia, acquarelli, chalk lettering… ma lasciamo a Giusi la parola ed entriamo meglio nel suo mondo creativo.

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1. Ciao Giusi, sono molto felice che tu abbia accettato di essere intervistata. Puoi raccontarci quando e come hai dato vita al tuo brand Zagara Illustrazioni?

Grazie a te! Il mio brand è nato nel 2013, quasi inconsapevolmente, quando ho sentito la necessità di avvicinarmi a quella che era un tempo la mia passione, il disegno. Ho aperto il blog Pearls to Pigeons dove per sfogo scannerizzavo e postavo i miei doodles giornalieri. Ero ancora lontanissima dal mondo dell’handmade nel quale sono immersa ora!

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 2. So che sei un’architetta ma com’è nata la tua passione per la tecnica della linoleografia e dei timbri intagliati a mano?

Sono una che crede di poter fare sempre le cose da sé e quando ho aperto il mio shop online (al tempo realizzavo piccole illustrazioni su legno) ho pensato che avrei avuto bisogno di un timbro per il mio logo, quindi ho comprato il materiale per realizzarlo a mano. Ho imparato da autodidatta e da quel momento non ho più smesso.

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3. Quali sono i materiali che usi per le tue creazioni? Quale gomma da intaglio usi? E quali sono i tuoi inchiostri preferiti?

Non mi dedico solo all’incisione e mi piace un sacco sperimentare nuove tecniche, quindi direi che i miei strumenti principali sono: penna grafica e photoshop (mi fanno divertire da matti), matita, gomma e pennino perché amo anche il disegno a mano libera, la sgorbia e la gomma da intaglio. All’inizio ho inciso anche sulla gomma da cancellare, però mi trovo benissimo con la speedy carve della Speedball. I tamponi di inchiostro che più uso sono i Versacraft per la loro versatilità dato che si possono usare su tessuto, legno e carta. 

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4. Nella tua biografia ti definisci “crafter e mamma”. Puoi dirci come riesci a conciliare questi due aspetti della tua vita?

Semplicemente non ci riesco! È difficile lavorare da casa con bambini piccoli, sai quando inizi ma non sai quando potrai terminare un lavoro. Spesso i tempi di realizzazione si allungano, ma in generale ho trovato clienti comprensivi che capendo la mia situazione hanno avuto più pazienza del normale.

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5. Quali sono le cose che ti ispirano di più e che ti fanno dire “sono pronta per creare qualcosa di nuovo”?

Diversamente da ciò che gli altri possono immaginare le mie idee non nascono nella concentrazione più profonda o da momenti di tranquillità, perché non riesco a fermarmi un attimo! Quindi le ispirazioni nascono mentre realizzo qualcosa e moltissime volte dagli errori. Nel mio caso il “fare”, anche se non ci si sente pronti, è l’unica soluzione.

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6. E riguardo ai timbri intagliati a mano, chi sono i tuoi creativi di riferimento?

Come dicevo prima ho imparato da autodidatta osservando i lavori di altri creativi soprattutto nella Rete, non ho artisti di riferimento in particolare, ma se penso alla prima dalla quale ho attinto di sicuro quella è Gennine Zlatkis anche se il suo stile è molto lontano da ciò che io realizzo.

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7. Gestire un brand però non è solo creatività. Anzi. Ci sono una serie di aspetti prettamente commerciali ed economici che a volte possono essere scoraggianti. Tu come fai per affrontare questa componente del lavoro?

Ecco la nota dolente! Questa è la parte che meno piace a un creativo ma che bisogna assolutamente affrontare al meglio per poi potersi dedicare al proprio lavoro. Io non sono da prendere come esempio, affido alla commercialista l’aspetto gestionale e mi sento male appena vedo una sua e-mail nella posta in arrivo…

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8. Qual è il rapporto con la tua terra? Sei siciliana ma vivi in Abruzzo, quanto di questi luoghi entra in quello che fai?

Sono nata in Sicilia, ho vissuto fino a pochi anni fa in Veneto e adesso vivo in Abruzzo, posso dire solo che mi sento italiana al 100%! Non so esattamente quanto questo influenzi ciò che realizzo ma il non sentirsi appartenenti a un unico luogo mi rende più aperta a nuove sperimentazioni.

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9. Una delle cose più interessanti per chi ama il mondo della creatività è entrare nello studio dei propri crafter preferiti. Tu hai un tuo studio? E quanto è importante il tuo spazio di lavoro in quello che fai ogni giorno?

Io non ho uno studio tutto mio anche se lo desidererei tanto! Lavoro da casa, ho tutto concentrato in un piccolo tavolo di legno e uno scaffale. Devo dire che il mio spazio di lavoro riflette molto il mio modo d’essere, sempre nel caos! Comunque anche se piccolo e disordinato ne vado gelosissima, lo reputo fondamentale per me dato che è la porta virtuale del mio studio.

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10. Che consiglio daresti a chi si è appassionato ai timbri intagliati a mano e vuole iniziare a cimentarsi con questa forma di creatività?

Il mio consiglio è ovviamente quello di fare e rifare senza gettare la spugna, bisogna armarsi di molta calma e pazienza, anche perché una volta iniziato non si riesce più a smettere!

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Ringraziamo Giusi per aver risposto alle nostre domande e per averci fatto entrare nel suo mondo creativo. Se non lo fate ancora, seguitela su Instagram (il suo profilo è bellissimo ed è una vera miniera di ispirazione e creatività) e nel suo curatissimo ed elegante negozio Etsy.

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Noi ci diamo appuntamento alla prossima intervista nella rubrica “Le signore della linoleografia” sempre qui, nel blog de LaTuaMomis.

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“Le signore della linoleografia”: intervista ad Agata Vitale

Ciao crafters! Sono davvero emozionata. Era da tanto che desideravo farlo e finalmente sono riuscita a inaugurare una rubrica che si intitolerà “Le signore della linoleografia”.

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In questo nuovo spazio intervisterò per voi le artiste che mi ispirano di più in materia di linoleografia, timbri intagliati a mano e dintorni. Entreremo nel loro mondo creativo, cercheremo di capire quale percorso le ha portate a scegliere questa tecnica e ci intrufoleremo nei loro studi per carpirne i segreti.

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Per iniziare, oggi in bottega sono contenta di poter ospitare Agata Vitale. Agata, siciliana di Catania, ha uno stile personalissimo, molto riconoscibile e profondamente legato alla sua terra. È una “linoleografa” pura e stampa le sue opere a mano ottenendo dei risultati dal forte impatto visivo. Ma diamo subito spazio alle sue parole e lasciamoci ispirare dalla sua esperienza!

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Agata Vitale

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1. Ciao Agata, sono davvero entusiasta di poterti intervistare. Puoi raccontarci com’è nata la tua passione per l’arte?

Grazie mille a te! Direi che la mia passione per l’arte è nata prima di me stessa. Appena sono stata in grado di tenere una matita in mano l’ho usata su qualsiasi superficie mi capitasse davanti compresi i muri di casa. A 5 anni ho ricevuto la mia prima macchina fotografica manuale e avevo già deciso il mio futuro percorso di studi: Istituto d’arte e Accademia di belle arti, e così è stato.

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2. Come ti sei avvicinata alla tecnica della linoleografia?

I primi approcci li ho avuti alle scuole superiori, poi all’Accademia ho sperimentato calcografia e xilografia, dopodiché ho dimenticato tutto per dedicarmi alla grafica e al disegno fino all’ottobre del 2016 quando ho sentito il bisogno di una tecnica di riproduzione seriale artigianale per i miei disegni e facendo varie ricerche ho avuto l’illuminazione. Mi sono ri-innamorata di questa tecnica e da quel momento mi ci sono dedicata anima e corpo.

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3. Quali sono i materiali che usi per le tue creazioni? Incidi il linoleum o usi la gomma da intaglio? E quali sono i tuoi inchiostri preferiti?

Generalmente uso il linoleum perché sono attenta anche a un discorso ecologico. Da poco sto sperimentando anche altri materiali che trovo nel negozio di pavimentazioni dove mi rifornisco come per esempio il PVC per pavimenti. Per quanto riguarda gli inchiostri la disponibilità nei negozi qui a Catania è molto limitata quindi volente o nolente mi sono adattata ad usare l’unica marca reperibile cioè i Charbonnel Aqua Wash con cui peraltro mi trovo abbastanza bene, infatti rimando sempre a fare un’ordine su Internet per provare marche diverse.

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4. Come scegli la carta che usi per le tue stampe? Hai una cartiera che prediligi?

La scelta della carta in realtà è frutto di una continua ricerca. Mi piace sperimentare, dalla carta dei mastri artigiani di Fabriano alla carta paglia, sono sempre alla scoperta e mi diverte molto anche quest’aspetto.

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5. Il tuo stile è riconoscibile al primo impatto ed è fortemente legato alla tua terra. Ti va di raccontarci il tuo rapporto con la Sicilia?

La amo. Per ogni siciliano – me compresa – il rapporto con la propria terra è viscerale: troppo ricca di colori, profumi e storia, dei quali ogni fibra del nostro corpo è impregnata. Il mare e l’Etna sono i principali punti di riferimento, come dei grandi genitori che oltre a nutrirti e coccolarti, ti tengono attaccata anche quando vorresti andartene perché purtroppo a tanta bellezza corrisponde altrettanta bruttezza per quello che riguarda la classe dirigente corrotta che ha sfruttato quest’isola solo per i propri sporchi interessi. Non è facile andarsene ma neanche rimanere.

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6. Chi sono gli artisti che ti ispirano di più?

Tantissimi. Briony Morrow-Cribbs, Ravi Zupa, Obey, tutta la street art, Escher, Henri Rousseau, Frida Kahlo, Hokusai e tutta la scuola giapponese, la xilografia medievale e alchemica, l’illustrazione botanica…

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7. E riguardo alla tecnica della linoleografia, chi sono i tuoi artisti di riferimento?

Mi sento in dovere di nominare Elizabeth Catlett e Shiko Munakata, adoro Barbara Hanrahan e amo tantissimo artisti contemporanei scoperti grazie al Web come Liv Rainey-Smith, Brian Reedy o Mazatl, e devo un grazie speciale a Victoria Astrom e Lili Arnold perché è stato quando mi sono imbattuta nei loro lavori che mi è venuta voglia di riprendere questa tecnica.

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8. Tu hai anche un negozio in cui proponi le tue opere e sappiamo che per un creativo confrontarsi con l’aspetto commerciale ed economico della propria professione può non essere semplice. Come ti rapporti a questo lato del tuo lavoro?

Come dici tu non è semplice. Ancora non ho un vero e proprio negozio fisico. Ho un negozio su Etsy e condivido da poco una bottega/laboratorio con altri artisti con cui ci stiamo organizzando. Per adesso però la maggiore fonte di soddisfazione economica avviene quando partecipo come venditrice/espositrice ad eventi all’aperto come buskers, festival di musica e cose del genere.

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9. Hai un laboratorio dove intagliare e stampare le tue opere? Quanto è importante per te il tuo spazio di lavoro?

Finora ho svolto tutto da casa che ho in parte occupato con la mia postazione. Il bello della linoleografia è che non richiede grossi ingombri quindi posso agevolmente fare tutto a casa.

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10. Che consiglio daresti a chi si è appassionato alla tecnica della linoleografia e che vuole iniziare a cimentarsi con questa forma d’arte?

Consiglio di lanciarsi e sperimentare a più non posso, esercitarsi per migliorare la tecnica e non mettere mai la mano davanti alla sgorbia!

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Grazie mille ad Agata per la sua disponibilità e per averci permesso di sbirciare in modo un po’ più approfondito nel suo mondo artistico e nel suo modo di esprimersi attraverso la linoleografia!

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Se ancora non lo fate, seguite il suo profilo Istagram e fate un giro nel suo negozio Etsy che è una miniera di opere bellissime e dal forte impatto visivo!

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Noi ci ritroviamo qui per una nuova intervista e un nuovo viaggio nel mondo delle signore della linoleografia!

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Virginia Wolf

Come diceva Virginia Woolf in Una stanza tutta per sé:

 

«Making a fortune and bearing thirteen children – no human being could stand it. Consider the facts, we said. First there are nine months before the baby is born. Then the baby is born. Then there are three or four months spent in feeding the baby. After the baby is fed there are certainly five years spent in playing with the baby. […] If Mrs Seton, I said, had been making money, what sort of memories would you have had of games and quarrels? […] But it is useless to ask these questions, because you would never have come into existence at all. Moreover, it is equally useless to ask what might have happened if Mrs Seton and her mother and her mother before her had amassed great wealth and laid it under the foundations of college and library, because, in the first place, to earn money was impossible for them, and in the second, had it been possible, the law denied them the right to possess what money they earned. It is only for the last forty-eight years that Mrs Seton has had a penny of her own»1.

Ecco, quando ho letto questo saggio per la prima volta ero all’Università e da scrittrice in erba mi concentravo sulla parte romantico-femminista della storia: una donna, per scrivere capolavori, ha bisogno di una stanza tutta per sé.

 Adesso, vent’anni dopo l’Università e quattro anni dopo aver avuto una figlia, ho realizzato (nonostante esistessero già svariate querelle femministe sull’argomento) che in Una stanza tutta per sé Virginia Woolf parla anche di maternità. E in sostanza questa donna, che ha vissuto agli inizi del Novecento, non fa che dire una cosa verissima: «Far fortuna e dare alla luce tredici figli – nessun essere umano ce la può fare». Al di là del fatto che nella società occidentale, nella classe medio-borghese, al momento è abbastanza raro che una donna faccia tredici figli, trovo che in questa frase siano comunque racchiusi i due scabrosi elementi cardine della vicenda: “fare soldi” e  “fare figli”. Due cose di cui un essere umano può o non può occuparsi contemporaneamente? Ed ecco che nella mia testa le parole “a room of one’s own” si trasformano a un tratto in “a penny of her own”.

 Una volta parlavo con un amico, forse dieci se non dodici anni fa, e devo avergli detto qualcosa come: «Se una donna non è economicamente autosufficiente come fa a scrivere? Bisognerebbe avere dei soldi per non dover lavorare e dedicarsi anima e corpo alla scrittura». Mi ricordo che la cosa lo colpì e mi rispose qualcosa come: «Ma stai davvero parlando di soldi?». All’epoca lavoravo in una libreria di catena per potermi mantenere e mi sembrava di dedicare alla scrittura davvero troppo poco tempo.

 A pensarci adesso mi fanno riflettere due cose.

 La prima è quanto sia cambiata, dopo aver avuto una bimba, l’idea di “dedicare troppo poco tempo a qualcosa” al di fuori di lei. «Consider the facts», diceva la Woolf, «Consideriamo i fatti» (e si badi bene, qui si parla di «fatti», non di «opinioni»):

«First there are nine months before the baby is born. Then the baby is born. Then there are three or four months spent in feeding the baby. After the baby is fed there are certainly five years spent in playing with the baby».

Insomma secondo la Woolf per poter arrivare ad avere del tempo per sé (e quindi per poter tornare a lavorare e conseguentemente guadagnare diremo noi), una mamma deve aspettare almeno cinque anni a bambino, poiché in quei cinque anni il suo ruolo è essenziale, deve stare insieme a lui, deve nutrirlo fisicamente («to feed the baby») e poi spiritualmente («play with the baby»). E qui non ci sono santi. Non ci sono sostituti. Queste cose, secondo Virginia Woolf, le deve fare la mamma, punto e basta.

La seconda è che la questione del rapporto tra soldi e donne è e rimane cruciale. Non l’abbiamo risolta, manco per niente. Nel 1928 Virginia Woolf diceva:

«It is only for the last forty-eight years that Mrs Seton has had a penny of her own».

Adesso, il fatto che una donna medio-borghese occidentale lavori e abbia dei soldi propri ci sembra una cosa abbastanza scontata dal punto di vista sociale (disoccupazione a parte), voglio dire non sembra una cosa scandalosa e fuori luogo o peggio «denied by law». Ma io credo che sia ancora maledettamente faticosa se quella donna ha dei figli.

 Che ne pensate? Non vedo l’ora di confrontarmi con voi su questo argomento.


 1) V. Woolf, A room of one’s own, Penguin, Londra, 2004, pp. 25-26.